(…) sono gli abiti a portare noi, e non noi a portare gli abiti; possiamo far si che modellino bene un braccio, o il seno, ma essi ci modellano a piacer loro il cuore, il cervello, la lingua. La differenza tra i due sessi, per fortuna, è profonda. Gli abiti non sono che il simbolo di qualcosa nascosto nel profondo.
Tra le pagine di Orlando, la scrittrice dissemina la sua idea che l'essere umano è essenzialmente androgino, la sua
convinzione che in ogni persona convivano una parte maschile e una femminile,
entrambe da esplorare con naturalezza, e non manca mai di far pesare il suo
punto di vista sulle scelte della politica e del costume, sottolineando con
ironia il mancato ruolo della donna nella società a lei contemporanea.
Il protagonista cambia sesso
durante i secoli, senza tuttavia mutare coscienza e senza invecchiare:
sperimenta l’essere uomo e l’essere donna, il ruolo sociale appunto o “genere”,
che di volta in volta la società gli cuce addosso come un vestito.
Tutti i partners di Orlando
sono dei suoi <<doppi>> o specchi, nei quali l’androginia risalta
con ironia combinatoria: Sasha, la principessa moscovita (ispirata a Violet
Trefusis, che ebbe con Vita una lunga, tempestosa relazione, con travestimenti
e fughe parafrasate nel romanzo) è sempre descritta “in pantaloni alla russa”
ed ha attrattive bisessuali. Orlando, uomo e donna, signore-signora del
castello, diviene come nelle fiabe classiche figura traslucida dell’anima,
della sua eterna ricerca di forma e di armonia.
Aspasia
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